Auto a guida autonoma, presente e futuro delle self driving cars
Auto a guida autonoma, presente e futuro delle self driving cars
Pubblicato il 30/08/2017
Sommario
L’evoluzione delle auto a guida autonoma dal one thousand nine hundred twenty five ad oggi
Primo esempio di auto senza conducente: Houdina Radio Control presenta un veiocolo radiocontrollato chiamato Linrrican Wonder
Veicoli radio controllati e alimentati da un campo elettromagnetico, vengono messi in mostra all’Expo di Fresh York
General Motors presenta un concept della linea Firebird (mai entrato in produzione), chiamato Firebird III che permette la percorrenza su strade senza ausilio del pilota.
in Germania il furgone Mercedes Benz “VaMoRs” attraverso la rielaborazione di dati esterni captati da telecamere e sensori riesce a procedere alla guida senza pilota.
Mercedes-Benz e Ernst Dickmanns presentano i veicoli robot gemelli Vamp e Vita-2 che percorrono mille chilometri su un’autostrada di Parigi a tre corsie arrivando a toccare one hundred thirty Km/h.
Alberto Broggi (Università di Parma) realizza Argo, una Lancia Thema modificata che riesce a percorrere quasi duemila chilometri in sei giorni, in completa autonomia.
Nasce in Olanda il primo sistema di trasporto pubblico senza guidatore: il ParkShuttle.
General Motors, Ford, Volkswagen, Mercedes-Benz, Audi, Toyota, Nissan, Volvo e Bmw, Google e Tesla sono tutte impegnate nello sviluppo di veicoli a guida autonoma.
Auto autonome, a che punto siamo? Pochi sanno che di self driving car, almeno formalmente, già ce ne sono in circolazione. Questo perché, per converso, non tutte le auto senza guidatore – le poche in commercio e le tantissime che arriveranno – sono uguali. Insomma, l’Autopilot di Tesla giunto oltre l’ottava versione non è o non sarà la stessa cosa di un veicolo Waymo, la società di Google che si occupa di guida autonoma reduce da un duro scontro sui brevetti con Uber. Lo dicono gli standard messi a punto da Sae, la Society of Automotive Engineers, che ha individuato cinque livelli di autonomia, tenendo fuori la classe zero corrispondente a una vettura “normale”.
Autopilot cos’è
Si tratta di un software che è stato introdotto nell’ottobre two thousand fifteen scorso, in grado di mantenere una certa velocità grazie al cruise control adattivo. Riesce a “vedere” le altre autovetture ed eventuali ostacoli, quindi rallenta e accelera intervenendo su motore e freni. È anche in grado di effettuare sorpassi ma il pilota umano, deve mettere manualmente la freccia. Il sistema è presieduto da Gps, radar e da twelve sensori a ultrasuoni per intercettare qualsiasi cosa si muova intorno alla macchina fino ai five metri.
International (SAE) è un ente di normazione nel campo dell’industria aerospaziale, automobilistica e veicolistica. Ha la sua sede centrale a Troy, nello stato del Michigan (USA). L’ente si occupa di sviluppare e definire gli standard ingegneristici per veicoli motorizzati di ogni genere, tra cui automobili, autocarri, navi e aeromobili (fonte: Wikipedia.org).
I livelli di autonomia delle self driving car
Occorre sia l’attenzione costante del guidatore sia l’esecuzione, di tutte le manovre di guida. Il sistema avverte soltanto il driver di eventuali malfunzionamenti o situazioni di pericolo
L’automobile prende alcune iniziative: imprime accelerazioni laterali (sterzando) o longitudinali (frenando/accelerando); il guidatore deve comunque prestare costantemente attenzione
L’automobile è in grado di azionare, in alcuni casi (come gli incidenti), sia lo sterzo sia l’acceleratore e il freno. Il guidatore deve comunque essere pronto ad intervenire
L’automobile è in grado di azionare sia lo sterzo sia l’acceleratore e il freno. L’automobile monitor l’ambiente circostante ma il guidatore deve comunque essere pronto ad intervenire
Il guidatore può delegare totalmente al veicolo la guida in situazioni definite. La presenza del guidatore è sempre richiesta ma è più di controllo che di backup in caso di emergenza
Completa autonomia. L’automobile riesce ad affrontare tutte le situazioni e non è richiesta la presenza del guidatore. Questo script potrebbe rivoluzionare le abitudini
Ebbene, il primo vero livello nel quale ha senso parlare di veicoli a guida autonoma è il terzo, noto come automazione condizionale, quello in cui i sofisticati sistemi sensoristici dell’auto sono in grado di sostituire pienamente l’autista nel controllo del veicolo per eseguire certe manovre. Ma il passaggio epocale, quello che molti colossi dell’automotive (Nissan, Mercedes-Benz, Audi, Bmw, Toyota, Honda, Renault, Psa Peugeot Citroën) e giganti dell’hi-tech (Waymo, Uber, Tesla, Apple) vogliono raggiungere, è appunto rappresentato dal quarto e quinto livello: alta e piena automazione. Cioè lo script in cui il veicolo legge l’ambiente circostante e, nell’ultimo caso, non richiede mai l’intervento umano.
Per il momento, dunque siamo pieni di strumenti – ormai su tutti i modelli – appartenenti ai primi due livelli (dall’Abs all’assistente per il parcheggio fino alle frenate d’emergenza o al controllo della velocità valutando la densità del traffico) mentre le auto a guida autonoma Tesla (Model S, X e Trio) sono a cavallo fra il secondo e il terzo, come alcune Bmw (il brand tedesco lavora da anni alla questione, già nel two thousand six una Serie three percorreva il circuito di Hockenheim senza il tocco di un pilota) come la i3. La strada è dunque duplice: se i produttori tradizionali puntano, come d’altronde stanno facendo da anni, a un percorso graduale in cui l’automazione si impossesserà passo dopo passo delle facoltà di guida, i pachidermi tecnologici vogliono tagliare i tempi e lanciare sul mercato modelli già del tutto indipendenti. O quasi.
Il giro d’affari e la “Passenger Economy”
A giustificare queste ambizioni sono d’altronde i numeri. Una ricerca commissionata da Intel – anche il gigante dei microprocessori è della ricca partita – a Strategy Analytics parla di 7mila miliardi di dollari di giro d’affari entro il 2050.
Ma a fare impressione è la progressione: dagli eight hundred miliardi del two thousand thirty five si salterà appunto ai seven triliardi di fifteen anni dopo spalancando la strada, è proprio il caso di dirlo, a quella che viene definita “passenger economy”. Cioè lo script per cui, scomparendo gli autisti, diventeremo tutti passeggeri accuditi dalle auto robot, magari condivise, che ci condurranno a destinazione: quella che gli esperti statunitensi come Gabe Klein, ex capo del dipartimento dei Trasporti di metropoli come Washington D.C. e Chicago e oggi venture capitalist, chiamano “Mobility as a Service”. La storia delle auto self driving è legata a doppio filo a questi sviluppi e, d’altra parte, all’ostacolo maggiore che hanno di fronte. Superiore perfino ai passaggi tecnologici ancora necessari su cui a ogni dimostrazione nelle fiere internazionali dimostra tuttavia un passo in avanti: i quadri legislativi internazionali.
Gabe Klein
Imprenditore, esperto di urbanistica e mobilità, startupper, investitore. È stato responsabile dei trasporti di Washington D.C. e Chicago.
“Il trasporto, dev’essere visto come un servizio: i modelli di sviluppo di questo particolare settore finiscono per incidere su una quantità di fronti: non solo urbanistica ma anche salute, sicurezza, business. Spazi sicuri, per esempio, fanno bene agli affari. Le strade delle nostre metropoli non sono affatto ottimizzate per generare una domanda che c’è, va indotta ma tende a concentrarsi altrove”. (Enel Concentrate On, Fresh York – fifteen luglio 2017).
In Germania è stata approvata la prima legge europea che consente la sperimentazione delle auto autonome anche su normali strade:
Ogni veicolo dovrà montare una scatola nera (accessibile alle forze dell’ordine su richiesta) che registri qualsiasi tipo di informazione e gli spostamenti dell’auto;
Il guidatore potrà togliere le mani dal volante ma dovrà essere sempre pronto a prendere il controllo dell’auto in caso di emergenza. Dovrà essere sempre quest’ultimo a guidare in caso di pioggia o maltempo;
In caso di incidente, la responsabilità ultima sarà dell’automobilista e non della casa costruttrice.
Dilemmi etico-morali: di chi è la colpa in caso di incidente?
Responsabilità in caso di incidente, coperture assicurative (il settore è destinato a ribaltarsi da cima a fondo quando non ci saranno più un paio di mani sul volante) e dilemmi di tipo etico-morale. Chi paga in caso di danni: l’azienda produttrice o il proprietario-passeggero? Come programmare le auto autonome? Chi salvare in caso d’incidente: occupanti o pedoni? Passeggeri o altre vetture? La matassa è talmente intricata che sul punto sta lavorando in Germania una commissione ad hoc che ha appena messo nero su bianco una ventina di principi etici per guidare i programmatori – cioè coloro che definiranno sempre più nel dettaglio i software di navigazione – indicando degli steccati oltre i quali non dovranno mai lanciarsi. Stessa musica su scala europea.
Fra le indicazioni della Commissione etica sulla guida autonoma e connessa voluta dal ministro federale dei Trasporti Alexander Dobrindt c’è per esempio il rifiuto del famoso quinto livello di cui si discuteva in apertura, cioè di autonomous cars senza pedali né possibilità d’intervento, oppure il divieto di effettuare valutazioni algoritmiche di opportunità su “chi sacrificare” nelle collisioni inevitabili scegliendo in base al genere, all’età o alla numerosità di chi è a bordo. Questi sono i due ambiti che rallenteranno l’adozione delle driverless quando queste saranno di fatto pronte a invadere i mercati: leggi e codici della strada, riflessioni morali e lentezze legislative che potrebbero anche disegnare una geografia del tutto diversa rispetto a quella che conosciamo. Vale a dire alcuni Paesi oggi in ritardo potrebbero dimostrarsi più disponibili di altri a ospitare non solo i test, come sta avvenendo negli Stati Uniti (vedi la California, che dallo scorso autunno ha concesso maggiore libertà per i test autonomi su strada, ma anche Fresh York)
Il futuro. A che punto siamo
In termini di sviluppo, tornando dunque all’aspetto ingegneristico strettamente inteso, le notizie sono moltissime e si accumulano col passare degli anni e dei mesi. Appuntamenti come il Ces di Las Vegas sono ormai sempre più cannibalizzati dalle vetture autonome (e in sostanza, ormai, elettriche e sostenibili) che stanno diventando uno degli scrigni dell’innovazione contemporanea. Non solo perché i player tecnologici vogliono partorire le loro creatore oppure – come nel caso di Apple che ha archiviato il misterioso progetto Titan – salirci a bordo proponendo un sistema applicabile a diversi modelli (lo ha confermato di recente l’ad di Cupertino Tim Cook). Ma anche in virtù della miriade di partnership, consorzi e accordi sempre più stretti fra vecchio e nuovo mondo. Uno fra i più significativi, per esempio, è stato il patto fra Fiat-Chrysler e Google risalente ormai a un anno fa sulla base del van Pacifica.
Nel two thousand sixteen l’amministratore delegato di Fca, Sergio Marchionne e John Krafcik, ceo del progetto Google Car, hanno stretto un accordo per lo sviluppo di una versione senza guidatore del minivan Pacifica del marchio Chrysler. I due gruppi condividendo tecnologia e dati, puntano alla commercializzazione, dopo un primo periodo di sperimentazione, di un certo numero di “Pacifica Google”.
La nuova A8 di Audi presentata lo scorso luglio, invece, sarà la prima macchina a guidarsi da sola. Anche se, a ben vedere, toccherà “solo” la piena applicazione degli standard definiti dalla Sae per il terzo livello di automazione: fino a sixty five km/h la vettura è in grado di guidare da sola e decidere se accelerare, frenare o cambiare direzione, pur lasciando sempre il controllo al guidatore. La A8, come ormai numerosissimi modelli, è anche connessa e in grado di incarnare al massimo il concetto noto “Car to X” che unspoiled diverrà esiziale per gli sviluppi del prossimo futuro. Cioè la capacità delle auto autonome o semiautonome di parlare con il contesto e con le infrastrutture: avere sotto controllo semafori, parcheggi, traffico. In base a quegli elementi sfoderando così soluzioni di intelligenza artificiale che apriranno il percorso verso il pieno automatismo.
Dunque se Waymo ha appunto impostato il pilota automatico sulla collaborazione archiviando le sue tenere macchinine Firefly, Samsung e Peugeot stanno testando i loro veicoli in Corea del Sud e Singapore per lavorare sul suv three thousand eight equipaggiandolo con le tecnologie nuTonomy mentre Tesla – che ha appena presentato la sua berlina popolare, la Model three – scommette sul 2019, Toyota ha stretto una partnership con la californiana Nvidia per equipaggiare i propri prototipi e anche i modelli che arriveranno sul mercato con un “cuore” Drive Px, come molti altri da Audi a Volvo. E forse proprio l’approccio della casa nipponica, unspoiled enormemente indietro rispetto ad altri produttori come Bmw che punta al primato e ha messo nel mirino proprio il two thousand twenty one come deadline per la commercializzazione dei veicoli che fanno tutto da soli, dà il quadro dei prossimi dieci anni. Soluzioni e prototipi avveniristici, capaci di trasportare i passeggeri senza un tocco per il medio-lungo periodo ma al contempo sistemi ibridi in grado di prendere il controllo e salvarci dalle situazioni più complesse nel breve periodo e solo quando lo vogliamo o quando ne abbiamo bisogno.
Secondo Ryan Eustice, Co-Direttore per lo sviluppo autonomo di guida presso l’istituto di ricerca Toyota (TRI), le prime vetture realmente autonome arriveranno entro i prossimi Five/Ten anni, ma è il two thousand thirty la data entro la quale –svela uno studio dell’osservatorio Global Perspectives & Solutions- si viaggerà a bordo di auto quasi completamente autonome dove i guidatori saranno sostituiti dai computer di bordo. Grazie alla formula del car sharing, inoltre, si prevede una costante diminuzione dei possessori di automobili.